L’unione fa la forza, a patto che le competenze dei vari membri di un team siano differenti. Volendo estremizzare, potremmo sintetizzare in questa maniera il concetto di cross funtional team, che indica un gruppo di persone con differenti competenze (marketing, vendite, programmazione, gestione processi) che lavorano per uno scopo comune. Se guardiamo alla realtà della maggior parte delle imprese, i team di lavoro sono verticali, specializzati su un particolare ambito, che sia la ricerca e sviluppo, la comunicazione, le sales e può sporgere spontanea una domanda: perché mettere insieme profili completamente differenti?

Il motivo è da ricercare nell’efficienza: un gruppo di talenti di questo tipo è in grado di portare innovazione in azienda, risolvendo più velocemente e più efficacemente degli specifici problemi, adottando una metodologia di tipo agile. Non è un caso che Amazon abbia sposato questa filosofia per la sua crescita e che faccia ampio uso di piccoli team eterogenei per essere sempre nella situazione definita Day 1, cioè di crescita e di sperimentazione (contrapposta al Day 2, la stasi e l’immobilità). Nel caso di Amazon, questi gruppi vengono sfruttati per testare nuove idee, lanciare nuovi progetti o risolvere specifici problemi. Gruppi di poche persone, 4 o 5 solitamente, capitanati da un leader che traccia la direzione, e che essendo caratterizzati da competenze di vario tipo, possono procedere in maniera indipendente e spedita nella sperimentazione, senza interferire con i reparti operativi e senza dover sottostare a burocrazia o pesanti gerarchie.

La gestione dei team interfunzionali

Un cross-functional team, in italiano traducibile con team interfunzionale, stimola la diversità e promuove l’innovazione: può concentrarsi su specifici obiettivi senza doversi preoccupare dell’operatività quotidiana, ed essendo composto da pochi membri, ciascuno con le sue specificità, può agire in maniera estremamente rapida, testando e implementando soluzioni senza dover chiedere supporto ad altri reparti o perdersi nella complessità delle gerarchie interne. Questo però solo a patto che i membri siano tutti ben responsabilizzati, godano di una certa autonomia, e soprattutto possano contare su obiettivi e KPI precisi e definiti. L’approccio è differente da quello classico: ancora oggi molte aziende tendono a prendere le decisioni all’interno di riunioni, che non sono il metodo più efficiente, anzi. Si tende a perdere tempo, e molto spesso sono coinvolte persone che potrebbero benissimo non farne parte. Sicuramente, tutti abbiamo sperimentato riunioni di questo tipo, con decine di presenti, la maggior parte dei quali stanno in silenzio per tutta la durata dell’incontro.

Jeff Bezos, il fondatore di Amazon, le considera un grande spreco di risorse e per la sua azienda – che si affida molto a team interfunzionali – ha infatti stabilito regole precise:

  1. Limitare il numero dei partecipanti. Nel caso di Amazon, si applica la regola delle due pizze: devono essere sufficienti per sfamare tutto il gruppo (parliamo di pizze americane, di grande diametro, che vendono solitamente tagliate in fette e suddivise fra i partecipanti, non della classica pizza napoletana).
  2. No ai Powerpoint, considerati da Bezos uno strumento inefficiente. Molto meglio un piccolo memo da poche pagine, scritto in forma narrativa (no ai bullet point), per spiegare obiettivi, difficoltà da affrontare e KPI da monitorare.
  3. Una mezzora di silenzio. Prima di dare il via alla riunione, Bezos chiede a tutti i partecipanti di leggere approfonditamente il memo, così da assicurarsi che tutti siano allineati allo stesso obiettivo. Va da sé che questo memo non può essere una serie di appunti sparsi, ma pur breve deve contenere tutte le informazioni salienti. E no, non basta mezzora a scriverlo. Spesso nemmeno un giorno.

Va sottolineato che anche l’eclettico Elon Musk non vede di buon occhio le riunioni fiume piene di persone, e suggerisce ai suoi dipendenti di non prendere parte a una riunione, o di lasciarla, se non hanno nulla da dire sul tema.

Ma come si coordinano questi team cross-funzionali senza riunioni?

Cross Functional Dynamics

Qui entra in gioco la tecnologia e in particolare le applicazioni per gestire progetti e flussi di lavoro. Sono molto apprezzate quelle che riprendono la metodologia Kanban, che permettono di seguire in maniera efficace tutte le fasi del processo. Ed è ovviamente fondamentale il contatto diretto: uno degli aspetti chiave dei team interfunzionali è proprio l’assenza di gerarchia. Esiste un leader, è vero, che dà la direzione, ma l’esigua dimensione del team e l’alta responsabilizzazione di ogni componente permettono una comunicazione diretta, senza filtri, mirata a risolvere i problemi o effettuare sperimentazioni in maniera diretta.

Gli errori da non commettere

I cross-functional team possono essere una risorsa fondamentale per la crescita dell’impresa, ma non basta prendere a caso delle persone dai vari reparti e metterle insieme, sperando che ne venga fuori qualcosa di positivo. Se si vuole avere successo, è fondamentale prima di tutto definire obiettivi e tempistiche precise: non significa fare le cose in fretta e di corsa, ma avere ben chiaro il punto di arrivo (che può essere l’ottimizzazione di un processo, ma anche la creazione di un nuovo prodotto/servizio) e definire dei KPI che permettano di valutare in ogni momento i progressi del progetto.

Un altro punto sul quale è necessario molta attenzione è il focus di questi team. Come già detto, sono formati da persone provenienti da differenti reparti che vengono messe a lavorare su un obiettivo comune. Queste persone, però, devono cambiare approccio rispetto al solito modo di lavorare: non devono prendere le difese del loro reparto. L’obiettivo è comune, ed è su questo che devono essere concentrati gli sforzi. Anche se questo probabilmente comporterà un maggior carico di lavoro per uno o più membri.

Ultimo aspetto, ma non meno importante, è la leadership. Sia di chi guiderà il gruppo, ma soprattutto del gruppo stesso: se si desidera portare innovazione, è fondamentale che il team cross-funzionale abbia molta autorità e possa quindi “imporre” le sue decisioni e i suoi metodi. In caso contrario, sarebbero sforzi vani.

 

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