Quando affrontiamo i progetti, cerchiamo di trasmettere ai clienti il concetto di miglioramento continuo che nel digitale, a qualsiasi livello, è irrinunciabile. Sarebbe un errore, anche dal punto di vista dell’immagine, non applicarlo internamente. Per questo il nostro gruppo Regesta è sempre in movimento, sia nell’offerta di servizi sia nell’assetto aziendale.

Un passo importante nella nostra evoluzione è l’acquisizione di Ultrafab, realtà specializzata nell’IoT e nello sviluppo di sistemi operativi industriali. Bishop, il sistema operativo brevettato dall’azienda nel 2020, permette di integrare i diversi sistemi e servizi coinvolti nel ciclo produttivo.

Vediamo con Francesca Solazzi, coordinatrice commerciale del nostro gruppo, la storia di questa acquisizione e le opportunità che sta generando.

Crescere e sviluppare nuove opportunità

La chiave è il miglioramento continuo. “Il Gruppo Regesta è cresciuto insieme all’evoluzione del mercato” – spiega Francesca – “Il nostro obiettivo è coprire tutte le aree e soddisfare tutti i bisogni tecnici dei clienti. Bishop di Ultrafab rientrava perfettamente in questa visione, perché ci permette di offrire un servizio di integrazione e comunicazione fra sistemi unico sul mercato. Inoltre, ci consente di rappresentare la nostra evoluzione: è un modo per ribadire, anche dal punto di vista dell’assetto aziendale, che non ci occupiamo esclusivamente di ERP“.

Il tema dell’identità è caro anche ad Alessio Bernesco Làvore, founder di Ultrafab, e Guido Menapace, senior project manager, che hanno sempre voluto comunicare le potenzialità della loro piattaforma. Francesca le riassume così: “Bishop si è conquistato credibilità per la sua capacità di dialogare con l’IoT industriale e raccogliere i dati di campo, ma è in grado di fare molto di più. Parlando con Alessio abbiamo scoperto che il loro obiettivo è creare sistemi che mettono in comunicazione ambienti differenti. L’aspetto di acquisizione delle telemetrie e dei dati IoT costruisce ottime opportunità, ma è importante far conoscere tutto quello che il sistema può fare.”

Bishop, il cervello della smart factory

Negli ultimi anni si è parlato molto di connettività industriale, fabbriche intelligenti e dati come nuovo asset strategico. Spesso queste ambizioni si scontrano con una realtà fatta di sistemi frammentati, linguaggi incompatibili e silos informativi che impediscono una visione d’insieme. È qui che entra in gioco Bishop, il sistema operativo sviluppato da Ultrafab e oggi parte dell’ecosistema Regesta Group.

“Bishop è stato pensato per fare quello che molti altri sistemi promettono senza riuscirci davvero: mettere in comunicazione ambienti diversi e dare coerenza alle informazioni” – chiarisce Francesca – “Il suo punto di forza è la capacità di trasferire dati da piattaforma a piattaforma, anche tra ambienti apparentemente incompatibili, normalizzandoli e rendendoli immediatamente disponibili per analisi, monitoraggio o automazione.”

bishop logo

Una caratteristica chiave è che non dipende necessariamente da dispositivi fisici. Può elaborare informazioni provenienti da fonti software, database, sistemi ERP o applicativi verticali, connettendo anche gli ambiti aziendali che non fanno parte della produzione in senso stretto. Contribuisce così a superare la frammentazione informativa, riduce il rischio di perdita di informazioni preziose e rende accessibile una visione integrata dei processi.

“Lo chiamiamo sistema operativo di fabbrica perché, proprio come negli smartphone, fornisce servizi di base indispensabili su cui si possono appoggiare tutte le altre applicazioni“, continua Francesca. “È il punto di partenza per chi vuole costruire una smart factory che non sia solo connessa, ma anche intelligente.”

Le caratteristiche che rendono Bishop unico nel suo genere

Molti strumenti promettono integrazione e flessibilità, ma pochi riescono davvero a mantenerle. Bishop si distingue per la sua architettura aperta, agnostica e completamente basata su tecnologie open source, che gli consente di adattarsi a qualunque scenario senza imporre vincoli tecnologici al cliente.
“Uno degli elementi che abbiamo apprezzato fin da subito è la neutralità della piattaforma”, racconta Francesca Solazzi. “Può funzionare su cloud pubblico, privato o in locale, senza richiedere modifiche all’infrastruttura esistente. È in grado di dialogare con sistemi di qualsiasi produttore, proprio perché il suo approccio non è vincolato a un determinato stack tecnologico.”

Un altro punto di forza è la gestione del dato in tempo reale: la piattaforma non si limita a raccogliere le informazioni, ma le elabora, le arricchisce e le rende disponibili per altri sistemi quasi istantaneamente. Al cuore di questo processo c’è un motore di regole configurabile che consente di trasformare i dati grezzi in informazioni operative, con una logica deterministica facilmente governabile anche da parte del cliente.

Bishop, pur essendo sviluppato con criteri completamente deterministici e quindi più efficienti dal punto di vista prestazionale, è pensato per integrarsi, se necessario, anche con servizi di Intelligenza Artificiale esterni: il dato può essere arricchito da algoritmi di machine learning o utilizzato per attivare automatismi e alert personalizzati lungo la catena decisionale.

Tutto questo si traduce in maggiore trasparenza, tracciabilità e controllo. “Bishop non impone una rivoluzione infrastrutturale”, sottolinea Francesca, “ma costruisce un sistema coerente partendo da ciò che già esiste, mettendo ordine nel caos informativo e trasformandolo in un vantaggio competitivo.”

smart factory con bishop

La sfida: dalla raccolta dati all’informazione operativa

Oggi la disponibilità di dati non rappresenta più un problema: le aziende raccolgono continuamente metriche, segnali e indicatori. La vera sfida è trasformare questi flussi in informazioni comprensibili, accessibili e utili per supportare le decisioni. È proprio su questo aspetto che Bishop esprime il suo valore più profondo.

“Parliamo spesso di trasformazione digitale, ma se i dati restano chiusi in log difficili da interpretare o in sistemi che non comunicano, non possiamo davvero parlare di trasformazione”, osserva Francesca Solazzi. “Bishop nasce per cambiare questa dinamica: prende il segnale, lo trasforma in dato, e il dato lo rende informazione arricchita del contesto operativo.

Che si tratti di un sensore su una macchina, di un evento in un gestionale o di una transazione rilevata su più sistemi, il compito della piattaforma è dare coerenza e visibilità a ciò che accade, mettendo le persone nelle condizioni di agire con maggiore consapevolezza e velocità. Questo vale non solo per i reparti produttivi, ma anche per la logistica, la manutenzione, la qualità e la gestione operativa quotidiana.

È una visione concreta, centrata sull’uso reale del dato e sulla capacità di abbattere la complessità tecnica per trasformarla in vantaggio strategico. Un tassello importante nella visione complessiva del nostro gruppo, che continua a crescere per offrire alle imprese strumenti adatti ad affrontare la complessità del presente e costruire, con metodo, il proprio futuro digitale.

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